L'EVANGELO DELLA PACE

" Finché su noi sia sparso lo Spirito dall’alto  e il deserto divenga un frutteto, e il frutteto sia considerato una foresta . Allora l’equità abiterà nel deserto e la giustizia avrà la sua dimora nel frutteto. Il frutto della giustizia sarà la pace e l’effetto della giustizia, tranquillità e sicurezza per sempre. Il mio popolo abiterà in un soggiorno di pace, in dimore sicure, in queti luoghi di riposo. "  (Isaia 32:15)

 

 

 

Questa è una parola di incoraggiamento per noi:è il programma di Dio per il Suo popolo. Andando a considerare i tempi messianici, cui fa riferimento il capitolo di Isaia, ci rendiamo conto che questi si presentano come periodi di pace, di restauro, di consolazione e di benedizione. Gli ingredienti della vita evangelica sono questi, ma non vogliamo disconoscere gli altri elementi che sono nettamente opposti e che, nell’insieme, caratterizzano il cammino del credente. Volendo andare a considerare le prime realtà richiamate dal testo di lettura, dobbiamo precisare che sono condizioni che abitano essenzialmente nell’interiore dell’uomo, nella profondità del cuore, nei sentimenti, nella pace che si sviluppa all’interno e negli ambiti dello spirito umano, anche se le circostanze e le condizioni all’esterno si manifestano piene di difficoltà e d’arsura, anche se si è circondati dal deserto e dalla solitudine. Una  similitudine la possiamo avere con il simbolo tipico del deserto arido tropicale, vale a dire la “Palma”. Essa è immersa nella calura ed è attorniata dall’aridità, è isolata in mezzo alla sabbia e non ha altra vegetazione al di fuori di quella sparuta dell’oasi dove si trova. La palma, però, per la forza che prende da se stessa, rimane salda e ben piantata anche in mezzo al deserto, e riesce a portare i suoi frutti, e ad avere le sue foglie, perché le sue radici  penetrano nel terreno, andando molto in fondo, fino a trovare l’acqua per alimentarsi. Esternamente c’è il deserto, ma interiormente, c’è la vita, c’è l’acqua che scorre, la linfa vitale che alimenta. Lo scirocco soffia, il vento caldo del deserto si fa minaccioso, ma la palma rimane tranquilla, e ben salda, si piega e non si spezza perché è duttile, ha dentro di sé la flessibilità che le consente di adattarsi alle diverse condizioni e situazioni climatiche, a resistere fino a quando il vento forte passa e la bufera finisce; ed allora si rialza ancora piena di vitalità, di forza e di benessere,  riprende vigore utilizzando la forza che si ritrova interiormente. Così è per il credente che in mezzo alle intemperie della vita rimane pacifico e continua ad avere il privilegio della pace, della gioia, e della serenità nella profondità dello spirito. Gesù disse: “Io vi do la mia pace”, non ve la do come la dà il mondo, vi do, una pace diversa, una pace che non tramonta mai, che rimane ferma e stabile dentro al cuore; non è come quella del mondo nel quale, per avere pace, bisogna godere di tutte le comodità della vita, della totale tranquillità, delle ricchezze materiali, o comunque di beni solidi e di tutto ciò che può arrecare fisicamente, economicamente e socialmente, soddisfazione e piacere.

Per contro, non avere mai alcun tipo di ansietà o di contrarietà, pena la perdita di questo tipo di pace. Questa non è la pace che ci dà Il Signore Gesù. La Sua pace, diversa da quella mondana, è particolare per le sue proprietà spirituali, efficace in ogni occasione ed efficiente anche in mezzo alle difficoltà più forti, in mezzo ai rovi e alle spine, nell’arsura e nel caldo rovente; e, siccome è una pace interiore, non potrà mai finire e non la può rubare nessuno. Noi credenti, tendiamo ad avere questa realtà ferma, stabile e continua nella nostra vita. A proposito di tutto questo voglio parlare di una visione che mi è stata riportata. Un personaggio dal portamento classico, dell’era greco-latina, usciva da un antico palazzo, stile romano, con colonne e gradini di marmo e scendendo dalla gradinata, veniva giù con un’espressione del volto, che esprimeva pace e serenità assoluta. I suoi occhi trasparenti effondevano tranquillità. Guardando bene il suo abbigliamento si cominciarono a vedere alcune particolarità specifiche. Indossava dei calzari intrecciati fino alle ginocchia, di quelli che si usavano ai tempi degli antichi romani o greci. Una cosa strana, era che queste calzature, la fibbia e l’intreccio, formavano una cosa unica con la gamba, cioè facevano parte della carne delle gambe, ma non davano alcun fastidio in quanto costituivano una formazione naturale della gamba stessa. Una frase all’improvviso risuonò dicendo: “Questi sono calzari che annunciano a tutto il mondo il Vangelo della pace”. Il tutto in armonia con l’espressione scritturale:“quanto sono belli i piedi del messaggero che annunzia buone novelle!” La visione continuò a presentare altri aspetti del personaggio ed in modo particolare, cominciò ad inquadrarlo, mentre scendeva le scale, facendolo vedere di spalle. Ad un certo punto, un mantello proveniente dall’interno della casa, portato da mani invisibili, fu posto sulle sue spalle, ed una voce si fece sentire nuovamente e contemporaneamente dicendo: “La pace non si dipartirà mai dalla tua vita”. La pace era il soggetto principale di quella visione.

La pace rappresentata dai calzari, cioè “messaggeri di pace”, strumenti di propagazione del Vangelo che porta la pace, nello stesso tempo dà pace a chi li indossa. La pace sulle spalle: il mantello è vestiario che protegge chi lo indossa e la voce ha espressamente precisato che tipo di copertura avrebbe avuto quel personaggio. Avrebbe avuto continuamente la pace nel cuore, la pace nella vita, riportandoci alla verità che è stata rivelata, ed all’opera che il Signore Gesù, compie costantemente nella vita di tutti coloro che lo ricevono, lo accettano e lo fanno entrare nel proprio cuore. Quel tipo di pace che solo Gesù sa dare,  non è momentanea, e  non è legata alle circostanze, ma alle realtà invisibili che durano in eterno. Il brano della Scrittura dice: “Finché su noi sia sparso lo Spirito dall’alto”. Questa figura ci riporta idealmente a quanto raccontato dalla Scrittura a proposito di Elia ed Eliseo. Possiamo mentalmente figurarci il mantello di Elia che fu poggiato sulle spalle di Eliseo. Lo possiamo considerare come “Unzione”, “ministero”, ma anche come la realtà di una vita nuova che comincia grazie a quel gesto che rimarrà indelebile nel ricordo e nell’ esperienza del servo di Dio. Lo è anche per tutti coloro che cominciano a vivere una vita nuova grazie a Gesù, e con Gesù. Un cammino nuovo, in conseguenza del quale il vecchio è eliminato per sempre. Il Signore fa dei doni e non se ne pente. I Suoi sono doni stabili perché sono secondo la Sua natura che è eterna e perché in Lui non c’è sconvolgimento di cosa alcuna. Anche noi vogliamo indossare questo mantello, vogliamo essere ripieni dallo Spirito che viene dall’alto, che copre e trasforma la vita, che modifica le condizioni interne del nostro essere in maniera permanente, e quelle esterne in modo da poterle sostenere. Ci rendiamo comunque conto che, in alcune occasioni, alcune condizioni esterne, sono modificate in maniera repentina, ma non ci meravigliamo se per altre ci vuole un po’ più di tempo o addirittura peggiorano.

Siamo coscienti comunque che attorno a noi, per un verso o per l’altro, le cose cominciano a cambiare, in virtù di quella nuova forza che ci sovrasta e che è sorta nel nostro cuore. La forza ed il potere di coloro che camminano con la benedizione di Dio che trasforma i luoghi aridi, in luoghi di benedizione, irrigati dall’acqua che sgorga dalla Fonte di Dio che trasforma il deserto in luoghi di ristoro. La condizione interiore è quella di figliuoli di Dio e quindi ci onoriamo di essere diventati figliuoli di benedizione, ed aspettiamo con fede finché su noi sia sparso lo Spirito dall’alto e il deserto divenga un frutteto. Aspettiamo che il deserto fiorisca secondo la promessa di Dio, credendo che nessuno potrà impedire al Signore di operare o che si compiano le Sue promesse. Finché questo non avviene, o fino a quando, le cose attorno a noi non cominceranno a cambiare, non ci scandalizzeremo. Non sarà per noi uno stu-pore vivere nel deserto, o nelle angustie. Sapremo aspettare il compimento dell’opera di Dio. Sapremo come fare perché l’equità e la giustizia comincino a portare frutto anche in mezzo al deserto. Sapremo coltivare la pace e la tranquillità stando al sicuro dentro la Rocca di protezione che è il nostro Signore Gesù Cristo. Sapremo aspettare “l’ora” di Dio, continuando a credere fermamente nella Sua Parola e nelle Sue Promesse.

 

Giuseppe Papa

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